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Landmark human study is first to reveal strong links between specific gut microbes, diet and health.

MICROBI DIVERSI? DIVERSA RISPOSTA AL CIBO

Identificato forte collegamento tra tipologia di microbioma, dieta e salute cardiometabolica

Alla base di valori superiori alla norma di glicemia, colesterolo e trigliceridi nel sangue, che mettono a rischio la salute del cuore, ci sono spesso cattive abitudini alimentari, scarsa attività fisica e predisposizione genetica. Ma ciò non basta per spiegare completamente la variabilità che si registra nei valori cardiometabolici della popolazione. Infatti, ogni persona risponde a un cibo in modo diverso. Ad esempio c’è chi presenta picchi immediati di glicemia, che però poi scendono in poco tempo e chi, invece, ha un assorbimento e un consumo più lenti. E magari si osserva il comportamento opposto con l’assunzione di cibi diversi, anche a parità di calorie. Il metabolismo individuale, ovvero come un corpo converte macronutrienti come grassi e zuccheri in energia, ha forti collegamenti anche col microbioma, cioè il patrimonio di microorganismi specifico di una persona, e in particolar modo con un gruppo di 30 batteri intestinali, 15 dei quali risultano associati a una dieta sana e a marcatori positivi di salute cardiometabolica.
Sono le conclusioni di uno studio coordinato dall’Università di Trento e condotto in collaborazione con il King’s College London e con Zoe, iniziativa commerciale inglese che offre piani nutrizionali personalizzati con consulenza e monitoraggio via app per aiutare la clientela a mangiare ciò che la fa stare meglio. Lo studio è stato svolto su un campione di oltre mille persone coinvolte tra Londra (un migliaio, in gran parte gemelle) e Boston (un centinaio). A dare conto della ricerca è la rivista scientifica “Nature Medicine”.
Lo studio rientra in un campo di indagine che il Laboratorio di Metagenomica computazionale nel Dipartimento Cibio di Biologia cellulare, computazionale e integrata dell’Ateneo di Trento ha intrapreso per approfondire la correlazione tra microbioma, dieta e salute metabolica e si è avvalso in maniera determinante di nuovi strumenti informatici che sono stati sviluppati per l’analisi dei dati di microbioma.
Nicola Segata, coordinatore del team di ricerca all’Università di Trento, racconta: «In questa ultima ricerca ci siamo concentrati sul collegamento tra batteri intestinali, dieta e salute cardiovascolare ed è emerso con evidenza che ci sono batteri associati a diverse risposte metaboliche al cibo».
Poi descrive lo studio: «Il campione è stato monitorato nelle risposte a due identici pasti (colazione e pranzo) consumati sotto stretto controllo clinico, e in una serie di pasti di test assunti nell’arco di due settimane. Dall’analisi emerge che, in risposta a uno stesso cibo, ogni persona dopo mangiato fa registrare un andamento molto diverso dei livelli di grassi, di zucchero e di marcatori immunologici nel sangue. Questa variabilità è spiegata solo molto parzialmente dalla genetica, perché abbiamo verificato che gemelli identici con stile di vita molto simile hanno anche loro risposte al cibo parecchio diverse».
Riprende: «Ci siamo concentrati, quindi, sul ruolo del microbioma intestinale e abbiamo trovato che chi segue una dieta ricca di vegetali, rispetto a chi ne assume pochi, ha una maggiore presenza di batteri associati a marcatori di buona salute metabolica e quindi a valori più contenuti di glicemia, colesterolo e trigliceridi sia pre- che post-pasto. In particolare ci siamo focalizzati sui 15 batteri più fortemente associati in modo positivo alla dieta sana e alla salute cardiometabolica, e sui 15 più associati in modo negativo».
Francesco Asnicar, del Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata dell’Ateneo di Trento, co-autore del lavoro, spiega: «Per l’analisi dei big data generati dal sequenziamento del microbioma abbiamo applicato un approccio di apprendimento automatico che ci ha permesso di identificare nuove associazioni tra microbioma e dieta, in particolare con i cibi, macronutrienti e indicatori cardiometabolici. Sospettiamo che questa coorte di oltre mille persone contenga altre importanti informazioni sul collegamento tra microbioma e dieta personalizzata e stiamo sviluppando altri metodi computazionali per continuare la ricerca a una risoluzione sempre maggiore».
Sarah Berry, del Dipartimento di Scienze nutrizionali del King’s College di Londra e co-autrice aggiunge: «Trovare nuovi batteri associati a cibi specifici e alle risposte metaboliche è entusiasmante dal mio punto di vista di scienziata nutrizionista. Inoltre, data la composizione altamente personalizzata del microbioma di ognuno, la nostra ricerca ci suggerisce che potremmo essere in grado di modificare il microbioma intestinale per migliorare lo stato di salute, scegliendo per esempio gli alimenti che meglio servono la nostra biologia individuale».
Segata conclude: «Ora dobbiamo studiare e capire meglio quale sia il ruolo specifico dei batteri intestinali che la nostra ricerca ha trovato essere i più rilevanti per la salute cardiometabolica. Se e come ci sia un loro nesso causale nel determinare il metabolismo di una persona.
L’obiettivo finale è utilizzare le informazioni del microbioma per comprendere meglio la risposta di ogni persona al cibo a priori, così da poter poi pensare di individuare una dieta personalizzata per ogni individuo e contribuire a una migliore salute metabolica e cardiovascolare e una conseguente diminuzione del rischio di malattia».

    Università degli Studi di Trento Reference completa: Asnicar, F., Berry, S.E., Valdes, A.M. et al. Microbiome connections with host metabolism and habitual diet from 1,098 deeply phenotyped individuals. Nat Med (2021). https://doi.org/10.1038/s41591-020-01183-8

    Autore del post: Alessandra Saletti, Università di Trento

    Istituto di appartenenza: Università degli Studi di Trento

    Ruolo: press office

    Doi originale: https://doi.org/10.1038/s41591-020-01183-8

    Link diretto alla fonte: https://www.nature.com/articles/s41591-020-01183-8

    Articolo Divulgativo in Inglese:
    Diets rich in certain plant-based foods are linked with the presence of gut microbes that are associated with a lower risk of developing conditions such as obesity, type 2 diabetes and cardiovascular disease, according to recent results from a large-scale international study that included researchers from King’s College London, the Harvard T.H. Chan School of Public Health, Massachusetts General Hospital (MGH), the University of Trento, Italy, and health science start-up company ZOE. Key Takeaways The largest and most detailed study of its kind uncovered strong links between a person’s diet, the microbes in their gut (microbiome) and their health; Researchers identified microbes that positively or negatively correlate (‘bad microbes’ and ‘good microbes’) with an individual’s risk of certain serious conditions, including diabetes and heart disease; Some of the identified microbes are so novel that they have not yet been named; These findings could be used to provide personalized dietary advice for better health, based on gut microbiome testing. The PREDICT 1 study analyzed detailed data on the composition of participants’ gut microbiomes, their dietary habits, and cardiometabolic blood biomarkers. The researchers found evidence that the microbiome is linked with specific foods and diets, and that, in turn, certain microbes in the gut are linked to biomarkers of metabolic disease. Surprisingly, the microbiome has a greater association to these markers than other factors, such as genetics. Their report, authored by Dr. Francesco Asnicar (University of Trento) and Dr. Sarah Berry (King’s College London) and coordinated by Tim Spector (King’s College London) and Nicola Segata (University of Trento), appears in Nature Medicine. Dr. Sarah Berry, Reader in Nutrition Sciences at King’s College London said, “As a nutritional scientist, finding novel microbes that are linked to specific foods, as well as metabolic health, is exciting. Given the highly personalised composition of each individuals’ microbiome, our research suggests that we may be able to modify our gut microbiome to optimize our health by choosing the best foods for our unique biology.” For example, the findings reveal that having a microbiome rich in Prevotella copri and Blastocystis species was associated with maintaining a favorable blood sugar level after a meal. Other species were linked to lower post-meal levels of blood fats and markers of inflammation. Professor Tim Spector, Epidemiologist from King’s College London, who started the PREDICT study program and is scientific founder of ZOE explains, “When you eat, you’re not just nourishing your body, you’re feeding the trillions of microbes that live inside your gut.” Researchers also discovered that the makeup of subjects’ gut microbiome was strongly associated with specific nutrients, foods, food groups and overall diet composition. The researchers found robust microbiome-based biomarkers of obesity, as well as markers for cardiovascular disease and impaired glucose tolerance, which are key risk factors for COVID. These findings can be used to help create personalized eating plans designed specifically to improve one’s health. “I am very excited that we have been able to translate this cutting edge science into an at-home test in the time it has taken for the research to be peer reviewed and published,” says Spector. “Through ZOE, we can now offer the public an opportunity to discover which of these microbes they have living in their gut. After taking ZOE’s at-home test, participants will receive personalized recommendations for what to eat, based on comparing their results with the thousands of participants in the PREDICT studies. By using machine learning, we can then share with you our calculations of how your body will respond to any food, in real-time through an app.” The researchers found in subjects who ate a diet rich in healthy, plant-based foods were more likely to have high levels of ‘good’ gut microbes. Conversely, diets containing more highly processed plant-based foods were more likely to be associated with the ‘bad’ gut microbes. “We were surprised to see such large, clear groups of what we informally call ‘good’ and ‘bad’ microbes emerging from our analysis,” affirmed Nicola Segata, PhD, professor and principal investigator of the Computational Metagenomics Lab at the University of Trento, Italy and leader of the microbiome analysis in the study. “It is also exciting to see that microbiologists know so little about many of these microbes that they are not even named yet. This is now a big area of focus for us, as we believe they may open new insights in the future into how we could use the gut microbiome as a modifiable target to improve human metabolism and health.” PREDICT 1 was an international collaboration to study links between diet, the microbiome, and biomarkers of cardiometabolic health. The researchers gathered microbiome sequence data, detailed long-term dietary information, and results of hundreds of cardiometabolic blood markers from just over 1,100 participants in the U.K. and the U.S. PREDICT 2 completed its primary investigations in 2020 with a further 1,000 U.S participants, and PREDICT 3 launched a few months ago.

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